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spazi d’acqua

……uno spazio che sia sott’acqua, rende tutto diverso, una vasca ornamentale o una semplice piscina, possono arricchire un’architettura. Nell’acqua inizia la Vita, la parola Battesimo deriva dal greco baptein che significa immergere nell’acqua, e nel rito ebraico l’immersione di purificazione avveniva in una vasca d’acqua piovana chiamata mikvè. L’acqua attutisce i movimenti, puo’ cullare e farci rilassare, puo’ proteggere il corpo, puo’alleviare il dolore, infatti il parto piu’ lieve e meno traumatico per un bimbo è quello in acqua. La Vita è custodita per i primi nove mesi nel liquido amniotico, la dimensione dell’aria è dunque la piu’ sconosciuta appena si nasce. Sott’acqua si pensa anche diversamente, perchè si è sospesi in un ambiente che non è favorevole alla nostra respirazione ma che ci permette una piccola rinascita ogni volta. L’Architettura ha bisogno dell’acqua, di avere una luce diversa, filtrata e riflessa, in continuo movimento, in alcuni spazi, grazie all’acqua, si ottengono dei colori speciali e dei suoni piu’ soft, ma intensi……
No rechaces los sueños por ser sueños
una delle qualità piu’ importanti che un architetto deve possedere è la capacità di sognare, le idee si manifestano dove non vi è la pesantezza di un realismo ottuso, talvolta devono separarsi dalla realtà … per essere realizzabili No rechaces los sueños por ser sueños. Todos los sueños pueden ser realidad, si el sueño no se acaba. La realidad es un sueño. Si soñamos que la piedra es la piedra, eso es la piedra. Lo que corre en los ríos no es un agua, es un soñar, el agua, cristalino. La realidad disfraza su propio sueño, y dice: «Yo soy el sol, los cielos, el amor». Pero nunca se va, nunca se pasa, si fingimos creer que es más que un sueño. Y vivimos soñándola. Soñar es el modo que el alma tiene para que nunca se le escape lo que se escaparía si dejamos de soñar que es verdad lo que no existe. Sólo muere un amor que ha dejado de soñarse hecho materia y que se busca en tierra. (Pedro Salinas, poesia tratta da “Largo Lamento“, 1975) Un pensiero selvaggio Lévi-Strauss nel suo “Il pensiero selvaggio” afferma che il pensiero mitico non si pone una meta, un obiettivo, ma segue dei percorsi interminabili, non ha limiti, è sempre in movimento, si rigenera. Un’ idea non deve essere inquinata, se è allo stato embrionale e di tabula rasa, tipico delle civiltà non bloccate dalle sovrastrutture della realtà, puo’ provare ad avvicinarsi all’Assoluto. Un sogno…che ha solo “bisogno” di naturalezza. ( s.c.)
ingannare il Tempo

L’architettura effimera, quella dell’allestimento, è in lotta con il Tempo, l’architettura Vera il Tempo lo inganna e vince la sfida. Una Vera Architettura diventa rovina e si stratifica, ma lascia sempre qualche traccia, non si puo’ cancellare, è uno spazio che contiene e non è contenuto, non è vincolato ma vincola, non è labile e provvisorio, detta lui le leggi di fruibilità, condiziona i modi di vivere e gli stati d’animo, esprime personalità, accoglie o respinge. L’Architettura Vera è CINICA, non funziona se si fanno errori, nell’allestimento invece tutto è rimediabile perchè è consentito l’indefinito, è tollerato l’imprevisto, si corregge in fretta il dettaglio che puo’ essere variabile, il rigore è soggettivo, tutto è per esibire. Nell’allestimento cio’ che è Esposizione è piu’ importante dell’Architettura, l’Architettura Vera si “accontenta” di esprimere solo se stessa. (s.c.) L’Architettura Vera è come la Musica. http://www.youtube.com/watch?v=xk3BvNLeNgw&feature=related Milano- MADEexpo 2012- scatti all’interno del complesso fieristico di M. Fuksas
every HEART is looking for its EARTH.
“Ogni forma di guarigione passa per il cuore, affermano i saggi di tutti i tempi”. Angela di Bari, “Neuroni nel cuore”, www.soundgenius.com Foto di Lucia Pignataro Nessuno saprà mai chi l’ha disegnato per la prima volta, chi ha deciso che la sua forma dovesse essere proprio quella, è simile ma non uguale al muscolo, è il Disegno piu’ invisibile e piu’ intenso che l’uomo ha graficizzato per fissarne il significato. La sede dell’anima, era anticamente, per alcune culture, da strappare con un coltello come cerimonia agli Dei, o da custodire ed esser protetto per accompagnare il cammino altrove. Contiene il ritmo della nostra vita, l’unica armonia che dà serenità è quella capace di “accordarsi” alla Sua musica…. Il termine “accordare” ha nel suono la Sua radice indoeuropea = kard , che contiene il significato del ritmo piu’ coerente con i nostri pensieri: la vibrazione dell’anima che spesso non si puo’ controllare, si deve solo ascoltare, è quella del Cuore. Una certezza è che la Sua grafica è un linguaggio eterno, fatto esattamente di due metà, simmetriche e corrispondenti…quasi a sottolineare che l’unità si ottiene da una forma che ne contiene due, metà che possono combaciare SOLO se specchiate. (S.C.) Grafiche di Silvia Cassetta Da alcune analisi storiche e culturali si evince che la comune sensazione di serenità, relazionata al linguaggio del cuore, è riscontrabile già nel termine arabo Sakîna che significa pace. “Il vocabolo designa la “Presenza divina, pacificante” e deriva dalla radice SKN che esprime, in arabo, le idee di “essere calmo, placarsi, stare tranquillo”. La Sakîna, (in ebraico shekinah), è la serenità, la trasformante pace interiore. Ecco dunque un passo in cui l’Unità e la Sakîna si presentano congiunte ed inequivocabilmente legate: “Allâh fece quindi scendere su di loro [cioè i cuori] la Presenza pacificante (sakîna) della Sua intimità (uns) e stabilì l’albero dell’Unità nei loro cuori, albero le cui radici scendono fino al settimo livello sotto di noi ed i cui rami si diffondono nei sette cieli sopra di noi, fino al Trono divino e forse più in alto ancora.” tratto dall’articolo di Chiara Casseler, “Il cuore: Luce e Spirito”. Il passato racconta… Da alcune fonti si deduce che probabilmente la forma di stilizzazione del cuore deriva da un’esigenza di collegarne il significato ad un concetto di contenitore: di emozioni, di anima, di vita. “Nel cuore quasi tutte le tradizioni antiche investono la centralità dell’essere, il luogo e il tempo in cui si svelano i significati più profondi al di là delle connessioni stabilite dalla razionalità. Per gli egizi il geroglifico del cuore raffigurava un piccolo vaso entro cui era contenuta l’anima”. tratto dall’articolo di Angela di Bari, “Neuroni nel cuore”, www.soundgenius.com geroglifico del cuore “Un’altra assonanza tra cuore e coppa/contenitore si ritrova nella tradizione islamica quando si paragona il cuore dell’Arif (il saggio, l’iniziato) ad una coppa contenente potenza e sapienza. Il simbolo del cuore ha un profondo significato spirituale. Rappresenta l’anima ed il luogo dell’ ‘Incontro’ e dell’ ‘Alleanza’ . tratto dall’articolo di Vito Foschi, “La simbologia del cuore e la leggenda del Graal”. L’antica natura racconta… Gli egiziani avevano collegato una natura sessuale al seme di una pianta, oggi estinta, il Silfio (conosciuto anche come silphion o laser). L’attenzione alla forma dei suoi semi aveva probabilmente ispirato il geroglifico ỉb. Il collegamento al sesso era motivato dal fatto che si riteneva ricco di proprietà mediche, potente contro le irritazioni, i dolori, talmente forte da poter inibire anche il concepimento, pertanto era utilizzato per controllare le nascite…lascia quasi pensare ad un’antica pillola anticoncezionale. seme del Silfio Alcune fonti confermano che tale seme era ritenuto importante anche per il miglioramento dell’ attività sessuale, è menzionato, infatti, da Avicenna e Catullo che ne accennano il potere afrodisiaco. “Mi chiedi, Lesbia, quanti tuoi baci bastino per saziare la mia voglia di te. Quanti sono i granelli di sabbia africana che è sparsa in cirene ricca di silfio,(…)” da Catullo-Carme 7 Un’ ironica nostra visione del Disegno del Cuore lo può collegare alla forma erotica dei glutei, in alcune specie animali, d’altronde, sono fondamentali per i messaggi di riproduzione: nell’accoppiamento dei babbuini, per esempio, la femmina mostra al maschio le parti posteriori… Chissà che anche le natiche non abbiano ispirato il Suo disegno. Il presente racconta… Si presenta anche il problema di come schematizzarlo nel contemporaneo sistema di rete informatico, la soluzione sulla tastiera è l’attuale e divertente emoticon che compare su tutti i nostri telefoni e computer, associando anche la più intima emozione a due simboli matematici: “<3” Nel linguaggio Unicode, il cuore ha le sue diverse rappresentazioni con vari codici matematici: tabella tratta da Wikipedia Ci sono molte descrizioni matematiche che danno luogo a curve approssimativamente a forma di cuore. Come ogni equazione che si rispetti anche quella del Cuore ha le sue curve: il cardioid ( figura 1), che è un epicycloid con un cuspide, o la curva 3.x2y3 implicita (x2+y2 .1) = 0 (figura 2). figura 1 ( tratta daWikipedia) figura 2 (tratta da Wikipedia) Dopo aver analizzato le varie fonti, sintetizzato forse l’origine della sua forma, compreso che si tratta di un’immagine eterna, matematica e universale, si può tuttavia prendere atto che ogni “Cuore” ha il suo Disegno, unico e irripetibile… …ad ognuno il compito di disegnare la forma più bella.
Cartoline dal Sud
Clever-Rebel si interroga: Abbiamo fatto diventare di moda anche il riciclo? Si rischia di perdere la qualità se non si adopera una selezione anche tra le cose dimenticate? L’abbandono è sempre dovuto alla scelleratezza della mancanza di pianificazione oppure è anche il risultato di una naturale perdita di interesse verso progetti/capannoni non adeguatamente sofisticati tali da avere TUTTE le caratteristiche dell’ eternità della buona architettura che si impone sul Tempo ? La delicatezza consiste dunque nel progetto e nell’obiettivo finale: non è nella scelta del recupero. La soluzione è considerare “tabula rasa” anche cio’ che si deve riciclare? La bellezza dei contrasti è piu’ interessante se il nuovo coesiste con il pre-esistente, definendo NETTAMENTE la sua differente identità, senza confondere con ibridi rattoppi e strane sovrapposizioni. Ha senso contenere e non intersecare. Senza catarsi, non puo’ esservi rigenerazione. (s.c.). Ecco un punto di vista: di Alberto Ferlenga, Architetto e docente presso lo IUAV: “Qualche volta gli edifici, come i materiali o alcune storie sarebbe meglio lasciarli morire, almeno ci lascerebbero buoni ricordi piuttosto che pessime mistificazioni. Non sempre il riutilizzo di una casa o di una fabbrica è cosa di per sé auspicabile considerando soprattutto che il suo costo supera di molto quello di una nuova edificazione e che spesso il risultato trasferisce al campo del recupero il cattivo gusto imperante in quello del nuovo. Di fatto, la maggior parte delle brutture presenti nelle aree più delicate del nostro paese appartiene sempre più al campo del riuso. Qui è la finzione a farla da padrone: finte masserie o cascine o fabbriche, materiali usati contro la loro natura, spazi snaturati e soprattutto differenze d’origine costrette ad una noiosa omogeneità dalla moda del riciclo e dallo scadere nel folclore, sia che esso venga determinato dall’uso di vetri e corten che da legni e pietre. Ciò che, come sempre, fa la differenza è la qualità del progetto. Per lavorare con ciò che già esiste non è sufficiente una conoscenza tecnica convenzionale. Serve una cultura specifica e una sensibilità allenata che sappia comprendere la vera natura degli edifici indipendentemente dall’epoca cui appartengono e soprattutto vedere le relazioni di cui sono sempre parte e le differenze che ognuno di essi esprime. Non si tratta di conservare corpi imbalsamati o materiali esausti ma di assicurare una continuità di vita che valorizzi i significati passati attraverso il rapporto con forme e significati contemporanei. Un riuso virtuoso è quello in grado di riallacciare legami tra un territorio e una costruzione, tra una città e un edificio, un riciclo inutile è quello che restituisce oggetti e solo oggetti, che si sommano ad altri in un catalogo di forme indifferenti”. I luoghi, abbandonati e fotografati, sono a Trani (BAT), http://www.knowarchitecture.it/ sta elaborando nuovi concept progettuali sui temi più urgenti del territorio, locale e nazionale. Sono accolti scatti fotografici interessanti per sensibilizzare, documentare e ribellare. Per informazioni sulle nostre proposte progettuali contattare in privato info@knowarchitecture.it
Stanze vuote
C’è un breve tempo in cui le stanze in attesa di un uso o quelle svuotate da abbandoni recenti, si assomigliano. Non ancora – o non più – occupate da persone o cose sono riempite soltanto da echi e polvere e il “fuori” che trapela da finestre che odorano di vernice o da serramenti sconnessi sembra inutilmente separato. Il clima è quello soffocante o gelido delle case vuote, l’aria, quella stagnante dei luoghi chiusi che diventa vento per forzare crepe e fessure. Quando voci e rumori svaniscono rimane sulla polvere la traccia dei passaggi occasionali, delle vicende furtive, degli amori clandestini in una geografia temporanea di segni, striature e impronte che sovverte, sui pavimenti, l’ordine monotono delle assi di legno o delle lastre di marmo. A terra, sparse, rimanenze di cantiere e oggetti dimenticati – barattoli di vernice, pagine di giornale, fotografie – prove dei mobili che verranno o resti di quelli portati via. Servono per una breve sosta; per immaginarsi come sarà o per ricordarsi com’era. Alberto Ferlenga (IUAV – Venezia). Foto di Silvia Cassetta.
Con Wave-O … i pensieri si INDOSSANO
Clever Rebel è lieta di ospitare, “VISTA_INTERNA”, dialogo con Ondine De La Feld, fondatrice e designer del marchio Wave-O. L’intervista è avvenuta durante Change up, Milano, fiera del Bio-Design svoltasi il 20 Novembre 2011. – Perché da una Architetto/Designer come Lei nasce un brand di abbigliamento? La t-shirt è un “cult”, è un vero e proprio oggetto da pensare, quindi si avvicina di più al mondo del design. Wave-O esprime il desiderio di dire qualcosa, non essendo musicisti, filosofi, pittori la T-shirt ci è sembrato un mezzo potente per divulgare dei messaggi. -Lei è presente ad una fiera di BIO-Design, perché il suo prodotto è BIO? Il Marchio, iniziato nel 2010, si confronta con la ricerca sul cotone organico, che è quello usato per produrre queste magliette, in un momento in cui la sensibilità alla qualità della produzione e all’utilizzo di materiali e cicli non nocivi per l’ambiente, sono il Plus Valore NECESSARIO per lo sviluppo di un marchio. E’ una delle sfide più importanti della nuova generazione, concentrata sul miglioramento dell’impatto ambientale anche attraverso i consumi. – Perché protagonista del marchio è la donna? Il mercato degli stereotipi consente piu’ agli uomini di essere ribelli, mentre Wave-O attribuisce anche alle donne messaggi provocatori. Le sue magliette diventano manifesto della volontà della donna di provocare, attrarre e confermare un ruolo rivendicativo contemporaneo e al tempo stesso di sentirsi glamour e chic, anche “solo” indossando una semplice frase. Le T-shirt sono un mezzo di comunicazione di messaggi provocatori giovanili, ma lo spirito anticonformista è ancor piu’ consapevole in una donna adulta, che rende Wave-O perfetto per piu’ generazioni. -La nuova collezione ripropone le opere d’arte piu’ famose nella storia della figura femminile, come mai abbinare alla classicità dell’arte una piccola trasgressività? E’ il caso di dire dalle parole alle immagini….!!!!! La prima collezione era fatta di parole, ora parlano immagini di donne storiche! Dopo aver iniziato con le parole, Wave-O ha voluto introdurre immagini di una forza comunicativa, ispirandosi a maestri del passato come Michelangelo, Leonardo da Vinci. Le immagini femminili di questi maestri volevano sempre dare un messaggio di situazioni, aneddoti o contestazioni attuali ai loro tempi, che dipingevano nelle loro opere, wave-o continua il loro intento conferendo nuovi significati alle figure femminili che vengono “attualizzate”. Accanto alla stilizzazione esclusiva di queste donne indimenticabili, simboli intramontabili di vizi e virtu’, sono riportati messaggi provocatori e ironici che invitano ad andare oltre la superficie per cogliere lo spirito piu’ profondo dei tempi moderni. In una visione contro-corrente che fa il verso alle icone del passato per suggerire nuovi modi e mode glamour, la Dama di Leonardo non abbraccia piu’ un ermellino ma un chiuaua, il miglior amico delle protagoniste del jet-set, mentre Maria Antonietta, donna d’irresistibile bellezza ma vittima di un matrimonio infelice e di una solitudine colma di frivolezze, viene proposta in un’inedita veste punk. -Ritiene che una donna “Wave-O” debba avere grande volontà e personalità per indossare questo brand e sentirsi a suo agio? Non credo sia importante….le personalità sono differenti e non basta una T-shirt per rafforzarle, ma i pensieri espressi aiutano e….basta a volte ricordare, come diceva Marylin Monroe che “E’ meglio essere ridicoli che noiosi!” La notte del 20 giugno 1791 Maria Antonietta e la famiglia reale tentano la fuga, lasciando Parigi nel più gran segreto. Ma il loro piano va in fumo: sono riconosciuti e bloccati nella cittadina di Varenne. Nel settembre del 1791, Luigi XVI è costretto ad accettare la costituzione, nonostante l’opposizione della regina. Intanto, Maria Antonietta in segreto chiede aiuto ai sovrani stranieri, sperando di intimidire i radicali con la minaccia di un intervento armato. In aprile l’Austria e la Prussia dichiarano guerra alla Francia. All’alba del 10 agosto 1792, ventimila parigini circondano il palazzo reale. Luigi XVI è conscio che ogni resistenza è inutile e lascia il palazzo alla testa del misero corteo della sua famiglia e dei suoi ministri. La famiglia reale viene portata nel Tempio, una fortezza medievale che diventa la sua prigione. Il 16 ottobre 1793 Maria Antonietta viene ghigliottinata. La Gioconda, nota anche come Monna Lisa, è un dipinto a olio su tavola di pioppo di Leonardo da Vinci, databile al 1503-1514 circa e conservata nel Museo del Louvre di Parigi. Opera emblematica ed enigmatica, si tratta sicuramente del ritratto più celebre del mondo, nonché di una delle opere d’arte più note in assoluto, oggetto di infiniti omaggi, tributi, ma anche parodie e sberleffi. Il sorriso impercettibile della Gioconda, col suo alone di mistero, ha ispirato tantissime pagine di critica, di letteratura, di opere di immaginazione, di studi anche psicoanalitici. Sfuggente, ironica e sensuale, la Monna Lisa è stata di volta in volta amata, idolatrata, ma anche derisa o aggredita. L’opera rappresenta tradizionalmente Lisa Gherardini, cioè “Monna” Lisa (un diminutivo di “Madonna” che oggi avrebbe lo stesso significato di “Signora”), moglie di Francesco del Giocondo (quindi la “Gioconda”). Il significato del disegno del teschio è spesso più positivo che negativo. Nei tarocchi la carta della Morte spesso è raffigurata con un teschio, è simbolo di cambiamento, sia in bene che in male. Il teschio può rappresentare la vittoria della Morte sulla Vita e la fugacità dell’esistenza (spesso accompagnato dal “Tutto è Vanità”), ma l’impatto negativo del messaggio può essere temperato dalla fede nella Vita oltre la Morte.