Silvia Cassetta

Le città e il cielo

Righe d’Architettura come fossero Scatti fotografici. “Ecco il viaggio da fare alzati quando il filo si mischia alla carta del cielo” Philippe Petit, 1985, in Trattato di Funambolismo, 1999 Ponte alle Grazie, srl – Milano. Foto di Silvia Cassetta. “Chi arriva a Tecla, poco vede della città, dietro gli steccati di tavole, i ripari di tela di sacco, le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti, le scale a pioli, i tralicci. Alla domanda: – Perché la costruzione di Tecla continua così a lungo? – gli abitanti senza smettere d’issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e in giù lunghi pennelli, – Perché non cominci la distruzione, – rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: – Non soltanto la città. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l’occhio alla fessura d’una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. – Che senso ha il vostro costruire? – domanda. – Qual è il fine d’una città in costruzione se non una città?  Dov’è il piano che seguite, il progetto? – Te lo mostreremo appena termina la giornata; ora non possiamo interrompere, – rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. – Ecco il progetto, – dicono.” Calvino Italo, 1993, Le città e il cielo 3, in Le città invisibili, Milano, Palomar S.r.l. e A. Mondadori, pag. 128.   Foto di Silvia Cassetta. Foto di Lucia Pignataro.   Foto di Silvia Cassetta. “[…] Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”. Calvino Italo, 1993, Le città sottili 2, in Le città invisibili, Milano, Palomar S.r.l. e A. Mondadori, pagg. 34-35.

Armilla

Righe d’Architettura come fossero Scatti fotografici. Nessun elemento solido e volumetrico. Nulla è definito se non il sistema delle molteplici connessioni e dei flussi d’acqua. Le forme finali sono contenitori che possono esistere e funzionare solo grazie ad una RETE di tubi d’acciaio che si intersecano, con forza ed elasticità, ben saldati e misurati. Una città svelata: NECESSARIA e SOTTILE che sostiene ciò che è forma finale, permettendo ai dettagli più sofisticati di funzionare… ( S. C. ) Still frame tratto dal videogioco “Machinarium” di proprietà di Amanita Design.   “Se Armilla sia così perché incompiuta o perché demolita, se ci sia dietro un incantesimo o solo un capriccio, io lo ignoro. Fatto sta che non ha muri, né soffitti, né pavimenti: non ha nulla che la faccia sembrare una città, eccetto le tubature dell’acqua, che salgono verticali dove dovrebbero esserci le case e si diramano dove dovrebbero esserci i piani: una foresta di tubi che finiscono in rubinetti, docce, sifoni, troppopieni. Contro il cielo biancheggia qualche lavabo o vasca da bagno o altra maiolica, come frutti tardivi rimasti appesi ai rami. Si direbbe che gli idraulici abbiano compiuto il loro lavoro e se ne siano andati prima dell’arrivo dei muratori; oppure che i loro impianti, indistruttibili, abbiano resistito a una catastrofe, terremoto o corrosione di termiti. Abbandonata prima o dopo essere stata abitata, Armilla non può dirsi deserta. A qualsiasi ora, alzando gli occhi tra le tubature, non è raro scorgere una o molte giovani donne, snelle, non alte di statura, che si crogiolano nelle vasche da bagno, che si inarcano sotto le docce sospese sul vuoto, che fanno abluzioni, o che s’asciugano, o che si profumano, o che si pettinano i lunghi capelli allo specchio. Nel sole brillano i fili d’acqua sventagliati dalle docce, i getti dei rubinetti, gli zampilli, gli schizzi, la schiuma delle spugne. La spiegazione cui sono arrivato è questa: dei corsi d’acqua incanalati nelle tubature di Armilla sono rimaste padrone ninfe e naiadi. Abituate a risalire le vene sotterranee, è stato loro facile inoltrarsi nel nuovo regno acquatico, sgorgare da fonti moltiplicate, trovare nuovi specchi, nuovi giochi, nuovi modi di godere dell’acqua. Può darsi che la loro invasione abbia scacciato gli uomini, o può darsi che Armilla sia stata costruita dagli uomini come un dono votivo per ringraziarsi le ninfee offese per la manomissione delle acque. Comunque, adesso sembrano contente, queste donnine: al mattino si sentono cantare.” Calvino Italo, 1993, Le città sottili, in Le città invisibili, Milano, Palomar S.r.l. e A. Mondadori, pagg. 49-50. Foto di Silvia Cassetta   Irena Sendler,ribelle alla folle crudeltà, salvò bimbi nel ghetto di Varsavia, facendoli passare attraverso cunicoli sotterranei nascosti e trasportandoli nella sua cassetta degli attrezzi.

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