Silvia Cassetta

Essere Re-bel è anche Re-Cycle

Quando il recupero afferma una diversità che riutilizza l’oggetto stravolgendo forme e significati. La volontà del Re-cycle è una forma di ribellione al tempo che logora i materiali, che fa dimenticare oggetti e architetture, è opporsi al consumismo contemporaneo che propone nuovi prodotti senza offrire soluzioni diverse. Perchè conservare e trasformare è piu’ ribelle che abbandonare e dimenticare.   (Re-Cycle è al MAXXI fino al 29 aprile 2012 Gallerie 1, 2, 2a e Sala Carlo Scarpa a cura di Pippo Ciorra)  

L’architettura è un gesto

Righe d’Architettura come fossero Scatti fotografici. “Accetto il tragico conflitto tra la vita che cambia continuamente e la forma che la fissa immutabilmente” Tina Modotti in una lettera scritta a Edward Weston nel 1926   “Nello spazio del cantiere, dove più livelli si sovrappongono, tutto è momentaneo e in continua evoluzione. Il CAMBIAMENTO è la regola, odori e rumori confondono e sporcano, rendendo unico uno spazio che verrà dimenticato.” Silvia Cassetta   Cantiere “casa per 1 single”, Silvia Cassetta Architetto. Foto di Lucia Pignataro     Cantiere villa privata “AlMARE”, Silvia Cassetta Architetto. Foto di Silvia Cassetta Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro Foto di Lucia Pignataro

Stanze vuote

C’è un breve tempo in cui le stanze in attesa di un uso o quelle svuotate da abbandoni recenti, si assomigliano. Non ancora – o non più – occupate da persone o cose  sono riempite soltanto da echi e polvere e il “fuori” che trapela da finestre che odorano di vernice o da serramenti sconnessi sembra inutilmente separato. Il clima è quello soffocante o gelido delle case vuote, l’aria, quella stagnante dei luoghi chiusi che diventa vento per forzare crepe e fessure. Quando voci e rumori svaniscono rimane sulla polvere la traccia dei passaggi occasionali, delle vicende furtive, degli amori clandestini in una geografia temporanea di segni, striature e impronte che sovverte, sui pavimenti, l’ordine monotono delle assi di legno o delle lastre di marmo. A terra, sparse, rimanenze di cantiere e oggetti dimenticati – barattoli di vernice, pagine di giornale, fotografie – prove dei mobili che verranno o resti di quelli portati via. Servono per una breve sosta; per immaginarsi come sarà o per ricordarsi com’era. Alberto Ferlenga (IUAV – Venezia).           Foto di Silvia Cassetta.

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